
Il bilinguismo è una condizione più comune di quello che si possa pensare. Si stima, infatti, che circa la metà della popolazione mondiale sia bilingue!
Questo perché per bilinguismo non dobbiamo pensare a una situazione per cui si conoscono due o più lingue come la lingua madre, quanto, invece, quella in cui un individuo utilizza alternativamente due lingue nella quotidianità. Purtroppo culturalmente siamo abituati a pensare al contrario, ad associare il bilinguismo alla perfezione linguistica, ma questo concetto è molto limitante.
Vediamo dunque cosa si intende con bilinguismo per la linguistica moderna.
Definizione di bilinguismo.
Secondo l’enciclopedia Treccani il bilinguismo è l’”uso corrente di due lingue da parte di un individuo o di una popolazione“. Dove per “uso corrente” si intende anche spontaneo e naturale. Più nello specifico, secondo François Grosjean, docente di psicolinguistica all’Università di Neuchâtel, il bilinguismo è “l’uso di due lingue nella vita quotidiana, non la conoscenza di due o più lingue allo stesso livello.”
Come vediamo comparando le due definizioni, dunque, tutto dipende dall’uso e dall’abitudine di parlare una seconda lingua, non tanto dalla perfezione grammaticale.
Se vediamo il bilinguismo sotto questo aspetto di “uso costante nella quotidianità” e non di conoscenza di più lingue con la stessa padronanza della lingua madre, ci si libera da quel preconcetto di perfezionismo che ci fa pensare che per essere bilingue si debbano conoscere più lingue allo stesso livello della lingua maggioritaria.

Le potenzialità del bilinguismo.
Lo scenario di perfezionismo linguistico è chiamato la “visione monolingue del bilinguismo” ed è tipica della cultura di impronta nazionalista di chi parla un’unica lingua. Cultura che non riflette necessariamente la realtà linguistica di una nazione, dato che, ad esempio, l’Italia si può considerare tutto fuorché un paese monolingue eppure ha una forte “visione monolingue del bilinguismo”.
Ragionare in questi termini sul bilinguismo limita tantissimo lo sviluppo del nostro paese, bilingue nella quotidianità (basti pensare non solo al Trentino o alla Valle D’Aosta, ma a tutti i dialetti che quotidianamente la gente usa per comunicare in determinati contesti in alternativa all’italiano), che, pur salvaguardando l’italianità, deve saper competere nel mondo.
Il bilinguismo definito come uso quotidiano e non necessariamente perfetto ci consente di vedere il grandissimo potenziale che si cela dietro a questa splendida opportunità: io lo sto sperimentando quotidianamente con i miei figli, che sto crescendo bilingui pur essendo, la mia, una famiglia italiana che vive in Italia. Crescere i nostri bambini bilingui, infatti, li aiuta nello sviluppo cognitivo, oltre che a moltiplicare le opportunità che la vita potrà offrire loro anche solo per il fatto di sapersi esprimere in più lingue ed essere facilitati ad impararne altre.

I diversi tipi di bilinguismo.
Ritornando alla definizione, in generale si parla di bilinguismo quando una persona usa correntemente due lingue (o più, nel caso del plurilinguismo), non necessariamente in tutti i contesti.
Si può diventare bilingui da bambini o da adulti. A questo proposito, per approfondire vantaggi e svantaggi delle due opzioni, ti invito a guardare il mio video “Meglio crescere bilingue da bambino o diventarlo da adulti? ”
Quando un bambino è cresciuto nel bilinguismo fin dalla più tenera età, allora possiamo parlare di bilinguismo simultaneo, perché apprende due idiomi contemporaneamente, in modo naturale e senza alcun tipo di studio.
Se invece il bambino apprende prima la lingua madre e, successivamente, impara una seconda lingua, si parla di bilinguismo consecutivo.

Il bilinguismo infantile: un’esperienza che arricchisce anche i genitori
Nel mondo del bilinguismo infantile si può partire da tre principali situazioni diverse: la famiglia internazionale, caratterizzata da genitori di nazionalità diverse, la famiglia di un’unica origine, ma emigrata in un altro paese, e la famiglia di un’unica nazionalità che sceglie di introdurre una seconda lingua nonostante viva nella nazione di origine.
Il bilinguismo infantile può quindi essere una conseguenza della propria storia famigliare oppure una scelta che si può portare avanti a diversi livelli e in diverse modalità. L’importante sono, in ogni caso, la motivazione e la costanza quotidiana e, per chi non è madrelingua, fare poco con qualche imperfezione è sempre meglio di non fare nulla nel timore di non essere all’altezza.
Quando ho iniziato a crescere il mio primo figlio bilingue, pur non vivendo all’estero ed essendo, entrambi noi genitori, italiani, l’ho fatto spinta solo dal mio grande desiderio di regalargli fin da subito una seconda lingua, l’inglese, per farlo sentire sempre integrato nel mondo.
Se anche tu vuoi cominciare un percorso bilingue coi tuoi figli, o se hai semplicemente bisogno di un approfondimento o di una guida per non perdere la motivazione, consulta tutti i miei servizi e troverai quello che fa per te.
Seguimi anche sui social, pubblico contenuti su Youtube, Facebook e Instagram!
☀️ #allegralu